“Che peccato, che la malattia non tiene mai conto dell’oggettività sfortunata dei fatti. Che svista imperdonabile, da parte del creatore. Quel padreterno tutto ha messo in collegamento e si è dimenticato di una cosa così elementare. È riottoso al fatalismo. Ma la distrazione fotte tutti, anche i più avveduti come Gesù Cristo.”
Tony P.
Beati i distratti, perché leggera è la loro esistenza.
E probabilmente anche la loro dipartita. Basta un istante – quell’incommensurabile lasso di tempo che passa tra la vita e la morte – per andarsene senza nemmeno accorgersene.
Gli occhi sul cellulare mentre si guida. O su quel nuovo e scintillante cartellone digitale. Il fornello lasciato acceso. La caldaia senza la necessaria manutenzione. Un piede in fallo sulle scale di casa e la caduta.
Ma ai distratti sembra non importare. Fateci caso: le persone distratte sono spesso molto comprensive, amabili, talvolta davvero simpatiche. Suscitano una zuccherosa compassione in chi non è come loro e una cameratesca solidarietà nei loro simili. A meno che non siano del tutto inconsapevoli della propria condizione.
Non me ne vogliate se divido il genere umano in attenti e distratti – del resto chi non è vittima di una qualche dicotomia? Maschi e femmine, belli e brutti, grassi e magri, bianchi e neri, terroni e polentoni, noi e loro. La distinzione che faccio io, però, è superabile.
Fare attenzione è una cosa che si impara.
Fare attenzione è una cosa che si può imparare.
Fare attenzione è una cosa che si deve imparare.
Questo sito, per quanto possibile, serve proprio a questo.